In Le mie passioni/ Letture

La stella del mattino in acido di Knausgard

Dopo aver seguito il lungo percorso di Knausgard nella “sua battaglia”, non sapevo cosa aspettarmi in un romanzo, in un’opera di fiction.

Non mi sarei mai aspettata di trovare anche qui la prima persona, quasi come se l’autore avesse sempre e comunque bisogno di soggettivizzare, di rendere univoco il narrato, pur cambiando i punti di vista (che sono quelli di diversi protagonisti), di volta in volta, entrando nelle necessità viscerali, nei movimenti minimi e dettagliati, financo a sfociare nel disgusto (mi sto facendo sempre più annoiata da particolari legati alle funzionalità corporali, erettili o all’ubriachezza, sarà l’età?).

Unica alternativa di scrittura: il saggio, già peraltro comparso all’interno di “Fine” sul Mein Kampf di Hitler, che qui invece sembra fornire un compendio all’opera, una riflessione sulla morte, sulla vita dopo la morte, scritto da uno delle voci narranti del romanzo, redatto sempre alla prima persona singolare…che in realtà prende lo spunto da “Come sappiamo, la morte non è necessaria” di Georges Bataille del 1949 e non solo.


Quindi?
Quindi non so come, riesce comunque ad affascinarmi, a spingermi a chiedermi cosa cerca, cosa vuole raccontarmi Karl Ove.

Una stella di passaggio sulle vite di personaggi diversi (dalla pastora allo depresso), crea scompiglio dando vita a fenomeni soprannaturali e/o avvistamenti alieni, mentre un band di metallari è stata assassinata da uno dei componenti del gruppo stesso (di una storia simile se ne parla anche nell’episodio n. 81 di Bouquet of Madness, https://it.wikipedia.org/wiki/Omicidio_di_Euronymous).

Teologia, filosofia, alcolismo, depressione…
Però è un po’ troppo lungo e quasi compiaciuto di girare su se stesso, una specie di trip, un fungo allucinogeno, una di quelle ubriacature che hanno momenti illuminati fino a che non prende la botta di tristezza.

Personalmente lo preferivo quando parlava male della suocera e della ex moglie, ma pur sempre originale.